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Acqua, Aretusa, Dante, Erri De Luca, Giverny, Grazie Di Michele, Hesse, letteratura, lettura consapevole, Ortigia, Ulisse, Ungaretti
di Giuseppina Catone
Due lettere, un numero: questa formula racchiude la vita, da qui tutto comincia e fluisce e scorre e allaga e tutto ricopre.
Metafora e simbolo di rigenerazione, di spiritualità e di interiorità profonda; universo rovesciato il mare, cielo capovolto direbbe Vecchioni: “Gli uomini son come il mare: l’azzurro capovolto che riflette il cielo; sognano di navigare, ma non è vero.
Il più grande poema mai concepito da un uomo si svolge sull’acqua per quasi la sua interezza e quell’acqua diventa luogo/non luogo, piena di insidie e di attrattive, pericolo e via di fuga. Ulisse è solo sul mare, ma credo, sia solo con il mare e con se stesso: quell’acqua è una sfida, che avvolge, trasporta, libera, ma può portare la morte. Come in Dante, Inf. 26 “ché de la nova terra un turbo nacque e percosse del legno il primo canto. Tre volte il fé girar con tutte l’acque; a la quarta levar la poppa in suso e la prora ire in giù, com’ altrui piacque, infin che ‘l mar fu sovra noi richiuso”.
E vogliamo parlare dell’acqua che scorre nei fiumi? Di quel fiume innamorato che attraversò il mare per incontrare la sua amata e con lei si unì in una fonte che ancora oggi è il simbolo di quella passione e di una città? Siracusa non avrebbe lo stesso fascino senza Ortigia e senza Aretusa per sempre unita ad Alfeo.
Vogliamo parlare di quei fiumi che attraversano Ungaretti, raccontando la sua vita? Di quell’acqua che si illumina, trasparente e limpida all’apparire di Laura? O dei fiumi dell’oblio e della rinascita nel Purgatorio dantesco? Lete ed Eunoè li chiama Dante: dimentica il male compiuto e rinasci nella conoscenza del bene.
Ogni religione è legata indissolubilmente all’acqua e l’acqua puntella i momenti salienti delle varie fedi religiose: il battesimo per i cristiani, acqua che lava via il peccato alla nascita e unisce il terreno con il divino; il sacro Gange per gli indù, acqua che purifica e che accoglie le ceneri, chiudendo il cerchio dell’esistenza umana; le acque del Mar Rosso che si richiudono sul faraone e che aprono la via per la terra promessa agli ebrei in fuga. Tutto è acqua e come tale deve entrare nell’uomo per dargli la vita corporea e spirituale e per garantire la salvezza dell’anima.
Il fiume che scorre diventa anche simbolo della circolarità del tempo nelle parole del Siddharta di Hesse:
“Hai appreso anche tu quel segreto del fiume: che il tempo non esiste?”. Un chiaro sorriso si diffuse sul volto di Vasudeva. “Si Siddharta” rispose. “Ma è questo ciò che tu vuoi dire: che il fiume si trova dovunque in ogni istante, alle sorgenti e alla foce, alla cascata, al traghetto, alle rapide, nel mare, in montagna, dovunque in ogni istante, e che per lui non vi è che presente, neanche l’ombra del passato, neanche l’ombra dell’avvenire?”. “Si, questo” disse Siddharta. “E quando l’ebbi appreso, allora considerai la mia vita, e vidi che è anch’essa un fiume, vidi che soltanto ombre, ma nulla di reale, separano il ragazzo Siddharta dall’uomo Siddharta e dal vecchio Siddharta. Anche le precedenti incarnazioni di Siddharta non furono un passato, e la sua morte e il suo ritorno a Brahma non sono un avvenire. Nulla fu, nulla sarà: tutto è. Tutto ha realtà e presenza”.
Non si può parlare dell’acqua e non pensare a quello che la cronaca ormai ci ha abituato a vedere: barconi, volti di pietra e di dolore, acqua che uccide, che annega vite e speranze:
Mare nostro che non sei nei cieli
e abbracci i confini dell’isola e del mondo,
sia benedetto il tuo sale,
sia benedetto il tuo fondale.
Accogli le gremite imbarcazioni
senza una strada sopra le tue onde,
i pescatori usciti nella notte,
le loro reti tra le tue creature,
che tornano al mattino con la pesca
dei naufraghi salvati.
Mare nostro che non sei nei cieli,
all’alba sei colore del frumento,
al tramonto dell’uva di vendemmia,
ti abbiamo seminato di annegati
più di qualunque età delle tempeste.
Mare nostro che non sei nei cieli,
tu sei più giusto della terraferma,
pure quando sollevi onde a muraglia
poi le abbassi a tappeto.
Custodisci le vite, le visite cadute
come foglie sul viale,
fai da autunno per loro,
da carezza, da abbraccio e bacio in fronte
di madre e padre prima di partire.
(Preghiera laica – Erri De Luca)
Ma non voglio, in questo breve e difettoso excursus sull’acqua, chiudere con una nota così dolorosa.
L’acqua è per sua natura materia sulla quale si rifrange la luce, caleidoscopio di colori, scintille, bagliori. Ci soccorre l’arte, quella grande! E quindi, musica
“La notte chiama e non mi fa dormire il mio giardino d’acqua in riva al fiume che muta con la luce e le stagioni le sue ninfee d’Oriente e i suoi colori E penso a ogni riflesso che ho fermato tra le foglie di malva e se ho perduto in un passaggio d’aria il movimento di un iris che si piega contro il vento acqua e luce, luce e cielo cielo e acqua dentro il cielo acqua e luce e ancora cielo e luce dentro il cieloE mentre fuori il mondo si scolora e la follìa si accende, io cerco amore il senso e la bellezza delle cose nel salice che piange sulle rose E dentro il mio giardino mi addormento è questa tela bianca il mio tormento è l’ azalea perfetta che si chiude nel cerchio della luna in riva al fiume acqua e luce, luce e cielo cielo e acqua dentro il cielo acqua e luce e ancora cielo e luce dentro il cielo acqua e luce, luce e cielo cielo e acqua dentro il cielo acqua e luce e ancora cielo luce e acqua…”
(Grazia Di Michele, Giverny – Rai Eri)